Il Pasticcere

L’episodio è molto lontano nel tempo, ma il ricordo non è per nulla affievolito, come d’altro canto nessuno, ed i protagonisti di esso mi tornano alla memoria come se fossero qui davanti a me, a recitare la loro parte di personaggi della commedia della vita, con i loro costumi immutabili, le loro battute abituali, le loro espressioni divenute oramai consuete e spontanee, in tanti e tanti anni di repliche, ogni qual volta di richiamo a  me dal mondo dei ricordi, pregandoli di recitare, ancora una volta, la loro vita. Ero un giovane e volenteroso Medico Condotto, pieno di illusioni inesperte che fortunatamente la vita non mi ha ancora sottratto e mi inorgogliva essere nella realtà, “collega” del più famoso dott. Andrea Mansone eroe della “Cittadella”, rievocante in me passioni giovanili ed adolescenziali entusiasmi; consapevole quindi del mio ruolo e della mia funzione, mi stavo recando, come spesso mi accadeva in quei tempi, a visitare una persona anziana ospite in una casa di ricovero tenuta sa suore, quando, le mie riflessioni furono interrotte improvvisamente dalla inquietante consapevolezza e certezza di essere atteso con evidente ansia e viva trepidazione; da lontano infatti vidi un gruppo formato da quattro o cinque persone, ospiti anche esse della casa, sostare davanti all’ingresso di essa, prospiciente il giardino che la circondava interamente, esprimenti inequivocabilmente nei tratti del viso e negli atteggiamenti, una vistosa inquietudine, ingigantitasi al mio approssimarsi.

Temendo, come medico, che fosse accaduto il peggio, affrettati il passo e raggiunsi in pochi attimi il drappello di donne, trepidando in anticipo per la brutta notizia, che immaginavo ormai dentro di me, con assoluta certezza, quando fui apostrofato da una di esse, certamente la più intraprendente, con queste parole: “Scusi, lei è il pasticcere”?

Sono certo che la signora non abbia capito ne tanto meno lontanamente intuito il succedersi di emozioni che si sono verificate e variamente mescolate in me in pochi attimi, formando un coacervo di sollievo, di senso di liberazione, di stupore, di incredulità, per un momento di fastidio e di disappunto, e poi di allegra e liberatoria autoironia e paternalistica comprensione. La mia giovane età e la mia giovanile inesperienza come medico, facevano si che io, involontariamente, cercassi di supplire a queste manchevolezze poco, a mio parere, decorose, sul piano professionale, con un abbigliamento ed un atteggiamento esteriore di matura e sofferta serietà ed è quindi comprensibile e perdonabile che fossi stupito e contrariato che cotanti sforzi di recitazione ed immedesimazione in un personaggio venissero in un attimo vanificati sentendomi confondere con un………pasticcere.

La mia interlocutrice del tutto ignara del dramma esistenziale e della crisi di identità che stavo vivendo, al mio diniego senza ulteriori spiegazioni, soggiunse con aria delusa e sinceramente rattristata: “Sa, una signora di qui oggi compie gli anni e fa una festa con le amiche, alla quale però non siamo state invitate; allora abbiamo pensato di attendere qui fuori il pasticcere che porterà la sua torta ed ordinarne a lui una più grande per noi, per farla morire di invidia; ma il pasticcere ancora non arriva; lei n on sa se tarderà ancora molto?”

Terminata la visita alla mia paziente, che fortunatamente godeva di ottima salute, mi precipitai in pasticceria, ed ordinai all’ormai famoso pasticcere una torta identica all’altra che stava confezionando, obbligandolo a darmi la sua parola d’onore che non avrebbe mai rivelato, chi gliela avesse commissionata.

Ho ritenuto che tra i compiti istituzionali di un Medico Condotto vi fosse anche questo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *