Il vero scopo della attività sportiva nel bambino

Vi sono molti motivi per indicare e consigliare una attività sportiva ad un bambino. Alcuni sono immediatamente evidenti e percepibili verificandosi a livello fisico: effetto positivo sull’accrescimento in senso lato, prevenzione della obesità infantile sempre più diffusa e presente, in occasione di una alimentazione purtroppo inadeguata, sia quantitativamente che qualitativamente e di una riduzione dei consumi (vita sempre più sedentaria, giochi sedentari, vita in ambienti chiusi e riscaldati ecc.), ottimizzazione a livello neurologico della coordinazione motoria, per citarne solo alcuni, ma sussistono e sono sempre più importanti anche motivazioni che insistono sulla sfera psichica del bambino che segue una attività sportiva, motivazioni meno immediatamente coglibili, ma non per questo meno importanti.

Prima tra tutte citerei la attività socializzante di un impegno nello sport, in una epoca storica in cui, a fronte di uno straordinario sviluppo delle possibilità di comunicazione messe a disposizione dalla tecnologia, la vera e propria comunicazione di concetti, di sentimenti, di emozioni, di valori, tra simili è divenuta estremamente carente, negli adulti, ma conseguentemente anche nei bambini e negli adolescenti, condannati dalle strutture familiari, dagli impegni dei genitori, dalle condizioni sociali di vita, soprattutto nei grandi centri urbani ad una vita solitaria ed isolata. Allora la attività sportiva può rappresentare un momento socializzante, che prima era sostenuto dai giochi collettivi.

Ma ancora più importante e determinante riterrei la indicazione ad una attività sportiva, a favore dello sviluppo psicologico del bambino, in tutte le sue estrinsecazioni.

Penso ad esempio alla acquisizione del concetto di regole da conoscere, accettare ed alle quali volontariamente sottomettersi e da rispettare e considero questo uno strumento importantissimo e fondamentale per una educazione alla legalità.

Importante è anche, a mio parere, l’abitudine a confrontarsi con i propri simili, a gareggiare con loro cavallerescamente e nel rispetto delle regole accettate, ma anche, anzi soprattutto l’esercizio a cimentarsi con se stessi, con l’obbiettivo di migliorare il proprio rendimento e le proprie prestazioni.

In questo senso si esprime la mia avversione al concetto di agonismo e allo sviluppo di questo nella educazione di un bambino, inteso come cattiva interpretazione, quando esasperato, delle finalità ed indicazioni di una attività sportiva.

Pur nel gareggiare con gli altri il bambino, a mio parere, deve essere soprattutto educato a gareggiare con se stesso alla ricerca di un sempre migliore risultato personale, che deve, infine, prescindere da un confronto con gli altri, purtroppo inevitabile, ma sempre deleterio e dannoso, quando venga assolutizzato.

Attraverso una attività sportiva il bambino viene anche progressivamente educato ed addestrato ad un controllo positivo delle emozioni e della loro espressione, singolarmente e nella collettività.

In ultima analisi una attività sportiva è indicata “terapeuticamente” a risolvere quelle problematiche interiori e di personalità che un bambino può incontrare nel corso del suo sviluppo, basti pensare, per citarne solo alcune, ai tratti di timidezza, di introversione, di difficoltà di rapporto sociale, di difficile controllo degli impulsi, di mancanza di fiducia in se stesso, che rappresentano condizioni frequenti nella età evolutiva.

Domenico Mazzullo

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