Parolacce

Una volta i genitori lavavano la bocca col sapone, ai bambini che dicevano le parolacce, ma oggi che i sistemi educativi sono cambiati in senso liberale, i bambini continuano a dirle come allora e naturalmente anche gli adulti. Abbiamo sempre detto le parolacce da quando l’uomo si esprime con un linguaggio articolato e sempre continueremo a dirle, anche se in tempi moderni l’uso di queste è diventato molto più comune e meno penalizzato, anzi forse addirittura accettato e quasi approvato. Ma perché le diciamo? Perché ci danno un gusto ed un piacere insopprimibile? Perché ci sfuggono e le pronunciamo quasi automaticamente? Le parolacce rappresentano un moto liberatorio delle nostre emozioni, rappresentano uno sfogo consentito della nostra emotività, sotto forma di rabbia, di frustrazione, di aggressività repressa, forse a volte troppo trattenuta e compressa, per educazione, per convenzioni sociali, anche per timidezza e timore di reazione da parte degli altri. Non a caso e senza ragione, esse si riferiscono prevalentemente al sesso in senso lato, essendo la sfera sessuale a forte valenza emotiva e spesso vittima di tensioni, frustrazioni, ansie e insoddisfazioni, anche paure. Le parolacce sono appannaggio prevalentemente del sesso maschile, perché è propria di questo sesso una forte aggressività, di cui esse sono espressione diretta. Quando le donne dicono le parolacce, lo fanno per imitazione, per desiderio di eguaglianza, ma non sorgono altrettanto spontanee come nei maschi e suonano innaturali. Le parolacce stanno agli uomini, come le lacrime stanno alle donne, nella espressione della reciproca emotività.

Discorso a parte merita la bestemmia, certamente meno immediata, impulsiva ed irrefrenabile della semplice parolaccia ma legata piuttosto ad un più complesso ed elaborato meccanismo offensivo, verso Chi, ci si creda o meno, immaginiamo al di sopra di noi.

Domenico Mazzullo

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