
Recenti studi statistici hanno rivelato, non senza sorpresa di noi stessi medici, che l’insonnia rappresenta uno dei disturbi più frequenti e più diffusi, nel mondo, in qualunque paese di questo, ma con una netta prevalenza in quelli a più alto tenore di vita, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti.
L’altro dato inquietante emerso da tali studi è che l’insonnia non è, come sempre fino ad ora era stato, un disturbo caratteristico dell’età matura e soprattutto della terza età, ma la sua incidenza si sta diffondendo, con una preoccupante frequenza, presso la popolazione dei giovani e dei giovanissimi, con le gravi conseguenze che da questo fenomeno derivano e si possono immaginare, in un Sistema nervoso non ancora maturo.
Per tale motivo ed anche perché, in qualità di psichiatra, nella mia pratica professionale riscontro come l’insonnia sia uno dei disturbi più misconosciuti, spesso ignorato, a volte sottovalutato e conseguentemente mal curato, mentre invece merita e meriterebbe tutta la nostra attenzione, per tali ragioni ho deciso di farne argomento a sé, in questo dizionario della psiche.
Non per sciocca e sterile pedanteria spero, ma a ben iniziare un discorso, mi sembra opportuno premettere una definizione precisa dell’oggetto di cui parliamo, verificandosi spesso purtroppo, soprattutto nel mio campo, una deleteria approssimazione ed imprecisione nell’uso di una terminologia che, uscita dal linguaggio prettamente scientifico, assume dei significati affatto e del tutto differenti da quelli originari e specifici.
E’ il caso proprio dell’Insonnia, il cui semplice nome porterebbe immediatamente a definirla, come mancanza totale, o riduzione del sonno, la cui durata sarebbe da considerarsi inferiore al normale.
Ma qual è la durata ”normale” del sonno?
Prima di tutto essa varia grandemente con l’età: massima nei neonati che trascorrono gran parte del tempo dormendo, minima negli anziani, i quali invece dormono, lamentandosene spesso, poco.
Ma anche nell’ambito delle stesse fasce d’età, la variabilità individuale è massima e la durata del sonno assume caratteristiche proprie per ciascun individuo.
E’ esperienza comune, infatti, che, pur della stessa età, vi siano individui i quali abbisognano di almeno dieci ore di sonno per sentirsi in completo benessere, ed altri ai quali n’è sufficiente meno della metà.
Ed allora, pur se ripugna ad un sentire scientifico, anche per la definizione d’insonnia ci dobbiamo accontentare di un criterio soggettivo e non quantificabile; ossia non definiremo insonne un soggetto che dorme poco, o troppo poco, ma piuttosto diremo che “insonne è un soggetto che, indipendentemente dalla durata del sonno, non dorme bene e per questo non si sente in uno stato di benessere e di completa efficienza fisica e mentale durante il giorno”.
Insonne, quindi, secondo questa definizione può ben essere, a tutto diritto, un paziente che dorme anche dieci ore per notte, ma al risveglio, sente soggettivamente di non aver ben riposato, di non aver dormito a sufficienza ed a volte si lamenta di essere addirittura più stanco di quando è andato a letto. E’ quanto avviene di frequente ai pazienti depressi, ma non voglio fare anticipazioni.Tornando all’insonnia, così definita, si comprende facilmente com’essa possa e debba essere considerata un fenomeno estremamente diffuso, ma altresì è utile precisare fin d’ora che essa non è una malattia a sé stante, ma un sintomo, come potrebbe essere la febbre e che, come per questa, anche per l’insonnia, le cause possono essere molteplici e le più varie.
Ma se l’insonnia è caratterizzata da un sonno lungo, o corto, ma non ristoratore, allora forse sarà utile ed opportuno parlare prima un poco del sonno stesso.
Il sonno è un fenomeno misterioso che ha sempre affascinato ed incuriosito l’Uomo, sia egli il semplice Essere umano che s’interroga sul perché ritmicamente ed inevitabilmente debba trascorrere una parte della propria giornata in uno stato d’incoscienza, sia egli uno scrittore, un poeta, un filosofo, che rimanga affascinato dal mistero del sonno e dall’ancor più affascinante mistero del sogno (“La vida es suegno”- Pedro Calderon de la Barca. “Essere o non essere, questo è il problema…Morire per dormire. Nient’altro. E con quel sonno poter calmare i dolorosi battiti del cuore, e le mille offese naturali di cui è erede la carne!…Morire per dormire. Dormire, forse sognare”- William Shakespeare “Amleto Atto III – Scena I”. “Ricordi, sogni, riflessioni”- Karl Gustav Jung. “L’interpretazione dei sogni” – Sigmund Freud. “Dormivo e sognavo che la vita è piacere. Mi sveglio e mi accorgo che la vita è dovere”- Emmanuele Kant. “Doppio sogno”-Arthur Schnitzler. “Sogno di una notte di mezza Estate”-William Shakespeare).
Mi piacerebbe continuare quest’ideale viaggio letterario “sulle ali del sonno”, ma il discorso ci porterebbe fuori del seminato e a malincuore debbo tornare al prosaico linguaggio scientifico.
Il sonno, come fenomeno fisiologico, naturale, rimane ancora uno dei più grandi misteri, tuttora pochissimo svelato. Quel poco che sappiamo lo dobbiamo soprattutto agli studi compiuti sottoponendo ad un esame elettroencefalografico permanente le persone addormentate. La tecnica consiste nel registrare e trascrivere su carta, così come si fa per l’elettrocardiogramma, con cui abbiamo maggiore dimestichezza, l’attività elettrica del cervello per tutta la durata del sonno.
L’esame dei tracciati elettroencefalografici, indici dell’attività cerebrale durante il sonno, ci ha rivelato che il sonno nel tempo di una notte non è assolutamente uniforme, ma anzi estremamente vario. Esso viene differenziato, prima di tutto, in due grandi capitoli:
Sonno sincronizzato (non-REM)
Sonno sincronizzato (REM).
A sua volta il primo, ossia il Sonno sincronizzato (non REM) risulta composto di quattro stadi, denominati, con gran fantasia,
Stadio 1
Stadio 2
Stadio 3
Stadio 4.
Nel successivo passaggio dallo Stadio 1, quello con cui avviene l’addormentamento, via via fino allo Stadio 4, il sonno subisce un progressivo approfondimento, riscontrabile e documentabile per mezzo appunto dell’elettroencefalogramma.
Allo Stadio 4, il più profondo e l’ultimo del Sonno sincronizzato (non REM), fa seguito un periodo di Sonno sincronizzato (REM).
Perché mi sono dilungato in questa noiosa e tecnica spiegazione ed a cosa corrispondono le misteriose sigle REM; non-REM?
E’ presto detto: abbiamo osservato, durante il progressivo passaggio attraverso i quattro Stadi del sonno non-REM, un progressivo approfondimento del sonno, fino allo Stadio 4, il più profondo, appunto.
A questo fa seguito il Sonno sincronizzato (REM), detto anche “Sonno paradosso” giacché, proprio paradossalmente, esso è molto meno profondo che nei precedenti stadi e sostanzialmente diverso, nelle sue caratteristiche peculiari.
Durante il Sonno REM, infatti, il corpo del soggetto addormentato è scosso da movimenti diffusi, il cuore pulsa più velocemente, nell’uomo si può verificare l’erezione del pene e soprattutto gli occhi, seppur chiusi, si muovono rapidamente.
Proprio da questa caratteristica deriva la sigla REM con cui denominiamo questa fase del sonno (Rapid Eyes Movies= Rapidi movimenti oculari).Durante questo sonno REM e solo durante questo probabilmente, si verifica il fenomeno, ancor più misterioso del sogno.
Risvegli provocati durante questo stadio danno luogo ad un racconto di sogno in un’alta percentuale dei casi, cosa che invece non si verifica quasi mai in risvegli durante il Sonno non-REM.
Nell’uomo adulto un intero ciclo, costituito dai quattro Stadi di Sonno non-REM, d’approfondimento del sonno, seguiti da uno Stadio di Sonno REM o “paradosso” dura circa 90 minuti.
In un’intera notte si possono avere dai 4 ai 6 cicli interi, così composti.
Risvegli di breve durata si possono normalmente verificare in un sonno normale, in specie alla fine di uno stadio REM. Da questi risvegli deriva il ricordo dei sogni avvenuti durante lo stadio REM.
Il tempo di sonno totale diminuisce con l’età: passa dalle 16-18 ore dei neonati alle 7-8 ore degli adulti giovani e alle 6-7 ore degli anziani. Anche il tempo d’ogni stadio varia con l’età.
Nei giovani adulti il 20-25% è costituito da sonno REM, il 50% dallo stadio 2, il 10-20% dagli stadi 3 e 4 e solo il 5-10% dallo stadio 1.
Nel neonato circa la metà del sonno è REM; alla fine del primo anno il sonno REM scende al 20-25%, percentuale che rimane inalterata per la maggior parte della vita e diminuisce solo nella senilità. Anche lo stadio 4 diminuisce con l’età ed è praticamente assente nella senilità.
Quale stadio del sonno sia il più importante e quale dia il maggior ristoro, non è ancora chiarito.
Prevale comunque l’ipotesi che il Sonno non REM con i suoi quattro stadi, rappresenti una sorta di preparazione al Sonno REM.
Dopo di questo, spero non troppo noioso, excursus riguardo al sonno, torniamo al nostro argomento “Insonnia”.
Ricordo che abbiamo precedentemente definito insonne “il soggetto che, indipendentemente dalla durata del sonno, non dorme bene e per questo non si sente in uno stato di benessere e di completa efficienza fisica e mentale durante il giorno”. L’Insonnia, come abbiamo detto in precedenza è un sintomo che dietro di sé può riconoscere svariate e molteplici cause, ma anche che può manifestarsi con diverse modalità e caratteristiche. In base a queste ultime, classicamente distinguiamo l’insonnia in:
· INSONNIA INIZIALE:
caratterizzata da difficoltà d’addormentamento. Il soggetto presenta un ritardo, spesso anche notevole, nel prendere sonno cui può far seguito un sonno quantitativamente prolungato e soggettivamente soddisfacente.
· INSONNIA CENTRALE o LACUNARE: consistente in un disturbo della continuità del sonno per la presenza di numerosi e talvolta prolungati risvegli nel corso della notte. Ad essa fa seguito una penosa sensazione di mancato riposo.
INSONNIA TERMINALE:
spesso associata alla precedente, ma a volte anche isolata e caratterizzata da un precoce risveglio nel corso della notte, cui fa seguito la totale impossibilità a riprendere il sonno interrotto.
Tale distinzione è frutto, non solo della smodata pedanteria che spesso contraddistingue noi medici, ma anche di una necessità pratica, in quanto alle modalità differenti con cui l’insonnia si manifesta, corrispondono spesso cause diverse e quindi anche differenti terapie.
A questo proposito prendiamo in esame più approfonditamente e separatamente i vari tipi d’insonnia così come li abbiamo classificati:
INSONNIA INIZIALE:
la difficoltà a prendere sonno è contrassegnata da un grave ritardo nei tempi d’addormentamento e da un penoso sentimento nei confronti del dormire, quasi un senso d’impotenza. Una volta instauratosi, il sonno in genere permane indisturbato e si prolungherebbe nelle ore del mattino, se spesso il soggetto non fosse costretto ad interromperlo a causa di necessità. Il risveglio è caratterizzato da una spiacevole sensazione di non completo riposo e di ridotta efficienza prestazionale che permane per tutta la giornata.
Tale difficoltà a addormentarsi costituisce di solito un disturbo occasionale, legato a fattori emotivi connessi all’aspettazione d’eventi gioiosi, o dolorosi (partenza per le vacanze, un esame da sostenere) come pure al recente verificarsi d’eventi ad intensa valenza affettiva, che impegnano il nostro pensiero, tanto da impedirci di prendere sonno (una preoccupazione che ci attanaglia, un problema di lavoro, lo stesso sentirci innamorati). In questi casi l’insonnia ha carattere di sporadicità e tende a risolversi da sola. Per tale motivo in genere non è richiesto, è inutile e spesso addirittura sconsigliabile, un intervento terapeutico.
Se però e malauguratamente questo tipo d’insonnia occasionale provocata da legittimi motivi, dovesse prolungarsi più di qualche tempo, in soggetti particolarmente ansiosi essa potrebbe tendere a cronicizzarsi ed a permanere anche quando i motivi occasionali che la avevano provocata, fossero scomparsi, o si fossero esauriti. Si verificherebbe così il caso paradossale di un’insonnia che sosterrebbe se stessa e si autoalimenterebbe.
Scomparsi, infatti, e forse dimenticati i motivi che inizialmente la avevano indotta, il paziente, avendo sofferto di un così sgradevole disturbo, potrebbe essere colto da un intenso stato d’ansia all’appropinquarsi dell’ora di dormire e legare tutti i rituali che precedono l’andare a letto, con l’angosciosa aspettativa e preoccupazione di non poter dormire, venendosi così a creare involontariamente un circolo vizioso per cui la stessa paura di non dormire, sosterrebbe e provocherebbe il non dormire.
Per un meccanismo analogo a questo si può anche verificare il caso, solo apparentemente paradossale, per cui il paziente, dopo notti insonni, vinto dalla stanchezza sente sopraggiungere il sonno, ma sul punto di addormentarsi, si risveglia bruscamente.
Il sonno è diventato per lui un problema così fondamentale che tanto più si avvicina, tanto più si attivano i sistemi di “allarme” interni, che quindi inibiscono il sonno stesso e provocano il risveglio, brusco ed angoscioso, proprio e paradossalmente sul punto di prendere sonno.
La diagnosi di questo tipo d’insonnia è agevole purché s’interroghi il paziente con attenzione. Egli, infatti, ci riferirà di addormentarsi facilmente davanti alla televisione, mentre lavora, mentre è a colloquio con altre persone e comunque in ogni luogo ove dormire non sarebbe opportuno, mentre quando si mette a letto presenta immediatamente una reazione di risveglio.
In questi casi l’ascolto attento da parte del medico, la sua spiegazione sulle cause ed i meccanismi che generano l’insonnia, accanto ai soliti consigli d’ordine generale e d’igiene di vita riguardo al sonno, ormai divenuti di dominio comune, (Associare l’andare a letto con la sonnolenza, stabilire un’ora costante per coricarsi, fare del movimento regolarmente, astenersi da ogni attività intellettuale impegnativa nella serata, ma piuttosto concedersi momenti di rilassamento, la lettura di un libro, l’ascolto della musica, l’assunzione di un poco di cibo o di una bevanda calda, astenersi dall’assunzione d’alcool, caffè, tè, nelle ultime ore della giornata) possono generare nel paziente insonne quello stato di rassicurazione e di tranquillizzazione atto a far recedere il disturbo, ma se così non fosse, il medico e solo lui, potrebbe ritenere opportuno prescrivere al paziente e sotto il suo diretto controllo, un farmaco adatto a liberarlo da quello stato d’ansia dell’addormentamento responsabile diretta dell’insonnia. In questo caso i farmaci più indicati sono le benzodiazepine, che abbiamo trattato nella voce psicofarmaci.
Volutamente non sono maggiormente esplicito riguardo a questi aspetti di terapia farmacologica, perché non vorrei favorire, anzi mia intenzione è scoraggiare assolutamente, quella pratica pericolosissima e purtroppo oltremodo diffusa del “fai da te”, ossia dell’autoprescrizione ed autosomministrazione di terapie farmacologiche, sempre pericolosa, ma in questo caso assolutamente deleteria per la salute del paziente.
Anzi a questo riguardo vorrei aggiungere e sottolineare come molti casi d’insonnia che si osservano nella pratica psichiatrica, siano legati e siano stati, non provocati, ma certamente aggravati, da un uso assolutamente non corretto ed autogestito di farmaci autoprescritti, per dormire.
Il pericolo è insito, ed è bene che questo sia detto, una volta per tutte a chiare lettere, non negli psicofarmaci in se stessi, come invece della letteratura allarmistica e di bassa lega vorrebbe far credere, ma piuttosto in un uso improprio, scorretto, non controllato ed inadeguato di questi.
Mi si perdoni la pedanteria nell’affermare questo, ma è un argomento che mi sta particolarmente a cuore.Tornando alla nostra insonnia, il secondo tipo di questa, che abbiamo preso in considerazione è l’INSONNIA CENTRALE o LACUNARE: consistente in un disturbo della continuità del sonno per la presenza di numerosi e talvolta prolungati risvegli nel corso della notte. Ad essa fa seguito una penosa sensazione di mancato riposo.
Questo tipo d’insonnia, particolarmente penoso e fastidioso, è legato il più frequentemente a risvegli che avvengono nello stadio REM del sonno. E’ ben noto, infatti, che il sonno REM, nell’uomo è molto leggero e può essere quindi sufficiente un piccolo stimolo, se significativo, per interromperlo. Anche nel sonno normale si verificano frequentemente brevi risvegli immediatamente prima, durante e dopo una fase di sonno REM, pur tuttavia alcuni pazienti possono manifestare delle difficoltà nel riaddormentarsi dopo questi risvegli, verificandosi così questo tipo d’insonnia.
Un’insonnia da interruzione del sonno REM è sempre da sospettarsi allorquando nel corso della visita i pazienti riferiscono di addormentarsi normalmente e svegliarsi circa due ore dopo continuando con un simile schema per tutta la notte.
Questo secondo tipo d’insonnia molto raramente, anzi quasi mai è isolato, ma per lo più è associato al terzo tipo d’insonnia che abbiamo descritto
INSONNIA TERMINALE
: caratterizzata da un precoce risveglio nel corso della notte, cui fa seguito la totale impossibilità a riprendere il sonno interrotto.
In questo tipo d’insonnia, come abbiamo detto raramente isolato, ma il più delle volte associato all’insonnia lacunare, il paziente si sveglia, nel cuore della notte, in genere ad ora fissa, tutte le notti, e non è più in grado di riprendere sonno.
Caratteristica tipica e sempre presente è che il risveglio è brusco, improvviso, immediato, non lento e progressivo, come quello che naturalmente succede ad un sonno normale ultimatosi nel suo fisiologico corso.
Tale risveglio rende al paziente, immediatamente e totalmente, la piena coscienza e la piena consapevolezza di sé, in un modo e secondo caratteristiche che egli stesso sente come innaturali e non usuali.
Il risveglio può essere “neutro”, per quanto riguarda lo stato d’animo che immediatamente s’instaura e di cui il paziente è immediatamente cosciente, ma il più delle volte angoscioso, spesso addirittura terrifico e terrorizzante, pieno d’immagini e raffigurazioni che dire spiacevoli è un eufemismo.
Il paziente è angosciato al pensiero di tutto ciò che lo attende nella giornata a venire, anzi lo stesso pensiero della giornata che ha davanti lo terrorizza.
Vorrebbe riaddormentarsi, fa di tutto per riprendere sonno, per ritardare il più possibile il contatto con la realtà, ma purtroppo ogni suo sforzo è inutile ed accresce ancor di più, se possibile, l’angoscia del risveglio.
Volendo essere più precisi nella descrizione, alcuni pazienti affetti da questo tipo d’insonnia, mi hanno riferito, con molta attenzione ai particolari, che spesso il risveglio, brusco ed improvviso, in piena coscienza, è sereno, ma solo dopo pochi secondi di serena tranquillità, che si vorrebbe non finisse mai, la “nuvola nera” dei pensieri, delle angosce delle preoccupazioni, dei tormenti, li sovrasta e li avvolge, completamente, irrimediabilmente e come ogni giorno, sempre di più.
Dalla descrizione che ne ho fatta, approssimata per difetto, mi si creda, per quanto riguarda il tormento che i pazienti provano, si evince facilmente che questo tipo d’insonnia, l’insonnia terminale, assieme al precedente, l’insonnia lacunare, sono insonnie il cui spessore patologico è ben diverso e ben più grave rispetto al primo tipo che abbiamo descritto, l’insonnia iniziale.
L’insonnia lacunare e l’insonnia terminale, non sono mai insonnie isolate, ma sono per lo più sintomi di una patologia depressiva, a volte grave, e come tali vanno interpretate e correttamente curate.
Non ha assolutamente senso, anzi è un grave errore assumere, nel corso di tali insonnie, farmaci ansiolitici o ipnotici isolatamente, farmaci che per lo più risultano inefficaci, ma se lo fossero, in rari casi, sortirebbero il misero risultato, di farci dormire per quella notte, ma senza per nulla curare, anzi addirittura aggravando ulteriormente, la causa per cui non dormiamo: la depressione.
Dico questo perché, nel corso di una patologia depressiva conclamata ed evidente, è facile diagnosticare ed inserire il sintomo insonnia nell’ambito degli altri sintomi depressivi, che tutti assieme contribuiscono a caratterizzare la malattia.
Ma purtroppo la depressione è una malattia cattiva, come lo sono tutte le malattie, ma anche subdola, infida, insinuantesi poco a poco e spesso manifestantesi per lungo tempo con un sintomo unico, isolato e che non richiama opportunamente l’attenzione su di sé, l’insonnia appunto, di tipo lacunare o terminale, o ambedue.
Ragion per cui, chi fosse affetto da tale tipo d’insonnia, ancor di più deve rifiutare quel “fai da te” farmacologico, cui accennavo prima, ma deve correre dallo psichiatra, il quale sarà capace di diagnosticare il suo tipo d’insonnia ed inserirlo in un contesto, che per lo più sarà di tipo depressivo e prenderà le opportune misure terapeutiche.
In questo caso, è evidente, i farmaci sono assolutamente indispensabili e quelli indicati sono gli antidepressivi, i quali, curando la depressione, elimineranno una delle conseguenze di questa, ossia l’insonnia.
Spesso addirittura non è neppure necessario far ricorso a farmaci che inducano il sonno, il cui uso, ove fosse necessario, sarebbe comunque limitato ai primi giorni di terapia, rendendosi ben presto questi, non più necessari, per il normale ripristino del sonno.
Per chi fosse interessato ad una mirabile descrizione letteraria, delle angosce legate all’insonnia, e fosse sufficientemente lontano dai tempi della Scuola, per poterne non disdegnare la rilettura, consiglio la rilettura appunto della famosa “Notte dell’Innominato” nei Promessi Sposi d’Alessandro Manzoni.
E con questo ricordo nostalgico-letterario mi congedo, ricordando come postilla, che l’insonnia può essere legata ed essere la conseguenza di molte malattie organiche, cardiache, polmonari, tiroidee, dell’apparato digerente, dell’apparato genitourinario, ma in questi casi andrebbe naturalmente inserita e trattata nell’ambito di queste patologie specifiche.